Birra islandese: proibizionismo e rinascita

Una pinta di birra è un pasto da re”, diceva il buon Shakespeare.
E aveva ragione!
Potrete arricchire il vostro viaggio con della deliziosa birra islandese ma prima lasciate che vi racconti qualche curiosità!

La bionda illegale

Sebbene la birra sia stata bevuta in Islanda sin dai tempi dei primi coloni, con un referendum del 1908 venne vietata assieme a tutto l’alcool.
Dei pazzi?
Non esattamente.
Come molti altri al mondo, erano stati catturati dall’onda del movimento per la temperanza.
Il 60,1% degli aventi diritto (le donne al tempo non potevano votare) decise per la proibizione.

Il divieto entrò in vigore con l’arrivo del 1915.

Il bando totale degli alcolici non durò moltissimo: nel 1921 Spagna e Portogallo minacciarono di non acquistare più merluzzo se l’Islanda non avesse ricambiato acquistando vino. Riuscirono a strappare un accordo e gli islandesi ebbero nuovamente qualcosa con cui brindare.

Gli entusiasti del proibizionismo, col tempo, iniziarono a vacillare e nel 1933 un nuovo referendum sancì del tutto la fine del divieto di consumo di bevande alcoliche.

Nonostante ciò, la birra rimase “la sfigata del gruppo”.
Ma perché?
Prima di tutto, la birra era una bevanda molto consumata in Danimarca e agli islandesi i danesi non piacevano esattamente moltissimo (riuscirono a raggiungere l’indipendenza nel 1944).
Si diceva che non fosse una “bevanda patriottica”.
Secondariamente, era la fonte di alcool più economica e si temeva che avrebbe portato con sé maggiori rischi di alcolismo.
Risultato? La legalizzarono con un contenuto massimo di 2.25% di alcool. Una tristezza indicibile.

Rivogliamo la birra vera!

Nulla potrà mai fermare la voglia di birra, neppure una legge.
Gli anni passavano e gli escamotage per mettere le mani su una birra degna di questo nome crescevano di giorno in giorno.
Tutti conoscevano qualcuno che “la spacciava” in qualche modo.
Diverse persone che avevano rapporti con l’estero la importavano illegalmente (sono riportati casi di pescatori che nascondevano intere casse della preziosa bevanda).
Altri, invece, la compravano nei Duty Free ma potevano portarla in territorio islandese solo se erano personale di cabina o stranieri in visita al paese.

Nacque la bizzarra tradizione di acquistare quanta più birra possibile all’estero o in zona franca per poi poterla gustare, regalare o addirittura vendere di sottobanco agli Islandesi.

Qui entrò in campo il nostro eroe: il “padrino della birra” Davíð Scheving Thorsteinsson.

Davíð oggi, col suo legalissimo bicchiere di birra. Foto di Vísir

Chi è Davíð ? Un islandese che nel 1979, dopo un viaggio di lavoro, acquistò in un Duty Free del Lussemburgo della birra per sé stesso e, una volta giunto a Keflavík, si presentò alla dogana con la sua cassa di bottiglie in bella vista.
Ovviamente gli venne sequestrata e venne sanzionato. Trovò il tutto assurdo e cominciò a battersi affinché a tutti venisse riconosciuto il diritto di importare birra come potevano fare stranieri e dipendenti delle linee aeree.

Grazie al suo “sacrificio” ed alla causa appoggiata dal parlamentare Sighvatur Björgvinsson si mossero le cose affinché venisse permesso a tutti gli islandesi di importare della vera birra.

Durante un’intervista del Marzo 2019 David ha ricordato al Governo islandese che sta ancora aspettando di avere indietro la cassa che gli hanno sequestrato 30 anni prima…non si sa mai, magari gliela riportano!

La luce infondo al…boccale

Foto di Morgunblaðið

Fu solamente nel Maggio del 1988 che il parlamento legalizzò del tutto la birra.
Votarono a ora tarda, oltre mezzanotte, ma questo non impedì ad un gruppetto di entusiasti cittadini di festeggiare il risultato proprio davanti all’Alþingi.
Le restrizioni vennero cancellate (per sempre, speriamo!) dal 1 Marzo 1989.

In quel gelido giorno centinaia di islandesi invasero i bar per brindare finalmente liberi, alzando al cielo i boccali pieni della bramata bevanda per la prima volta in settantaquattro anni.

Foto di Dagblaðið Vísir

Non serve che vi dica che ci diedero dentro come non ci fosse un domani (cosa che sanno fare ancora oggi in maniera talvolta anche troppo entusiastica).

Birra islandese oggi

Foto di Ölverk

Per fortuna oggi possiamo bere birra in qualsiasi bar e ristorante.
E vi dirò: l’Islanda ha delle ottime birre!
Non solo più che dignitosi marchi “commerciali” quali Einstök, Borg Brugghús, Gull e Víking ma anche piccoli gloriosi birrifici artigianali che producono vere e proprie chicche tutte da gustare.

Se avete in mente di aggiungere al vostro viaggio qualche tappa alcolica vi consiglio di dare un’occhiata alla mappa dei “birrifici artigianali indipendenti islandesi“: 22 fabbriche di puro piacere ambrato!

Potrete degustare la produzione, mangiarvi qualcosa (alcuni birrifici offrono servizio ristorante) e persino farvi un bagno nella birra calda.
Tranquilli, quella da bere è bella fredda!
Perché oh, infondo saremo pure in Islanda ma la birra calda non s’affronta!

A caccia di birra: dove si compra?

Vi piacerebbe entrare in un supermercato islandese e, come foste all’Esselunga, allungare la mano verso uno scaffale per prendere una birra, vero?
E invece no. Non potete. Niente birra al supermercato!
O meglio, le birre ci sono ma sono quelle con un tasso alcolico massimo di 2.25%. 

Dove si compra, dunque, la birra?
Negli spacci governativi di alcolici, anche detti Vínbúðin.

Ce ne sono 60 sparsi per tutta l’isola (vi lascio qui una mappa).
Occhio però agli orari: alcuni restano aperti anche solo due ore al giorno.

Il vecchio trucchetto del Duty Free resiste!

Ok, nessuno vi denuncerà perché comprate birra, oggigiorno, ma c’è sempre un buon motivo per farne scorta prima di mettere piede fuori dalla zona franca.

Date retta a me: acquistate tutto l’alcool del quale “avete bisogno” prima di uscire dall’aeroporto, al Duty Free che troverete a Keflavík di fronte ai nastri dei bagagli.
L’Islanda in generale non è economica, gli alcolici poi in particolar modo.
Acquistandoli qui avrete l’opportunità di risparmiare.

Attenzione alle quantità!
È permesso portare in Islanda un massimo di “sei unità di alcool”.
Cosa significhi, di preciso, non l’ho ancora capito con esattezza ma è un calcolo da effettuare in base alla percentuale alcolica delle bevande.
Se siete capre in matematica come me o semplicemente vi volete semplificare la vita, questa semplicissima tabella da compilare vi aiuterà ad uscire velocemente dal “ma quanti ne posso prendere di questi? E di questi? Ma se prendo questo devo lasciare quello?”

Fate il pieno di birra islandese qui, non troverete i marchi indipendenti ma intanto potrete accaparrarvi una selezione di ottime scelte più commerciali.